Ho già introdotto il concetto di Divino e abbiamo parlato della Dea e del Dio. Abbiamo anche visto che ci sono diversi modi di percepire il Divino: alcuni wiccan lo vivono attraverso una Grande Dea, alcuni distinguono un aspetto femminile e uno maschile (la Dea e il Dio), altri venerano una molteplicità di Dei. In questi articoli dedicati alle Dee farò un breve escursus sulle principali Divinità femminili presenti nella Wicca e nella magia in generale, ossia le Dee delle Antiche civiltà più conosciute ai nostri giorni.
In questo articolo introdurrò le principali Dee dell’amore. Ad Ogni singola Dea dedicherò in futuro articoli completi sui miti, la storia e le curiosità, qui tratterò solo gli aspetti dedicati all’amore.
Le Dee dell’amore
Afrodite/Venere: Regina della bellezza, regina dell’amore.
In merito alla nascita di Afrodite esistono tre differenti versioni: la prima la vuole figlia di Poseidone (in altre leggende lei è addirittura l’amante del Dio), la seconda versione racconta della sua nascita come del frutto dell’unione tra Zeus e Talassa e infine nella terza versione, quella più diffusa e accettata, si narra che Afrodite nacque dalla spuma del mare di Cipro in seguito ad una disputa tra Urano e Crono, alla fine della quale Crono tagliò i testicoli di Urano e li gettò in mare. Del suo possente regno fanno parte l’estasi e il piacere, croce e delizia dell’amore romantico. Non esiste al mondo un solo esser umano che possa sottrarsi al suo fascino. Conosciuta dai romani con l’appellativo di Venere, la dea Greca Afrodite, è nata dalla schiuma del mare e condotta sulla terraferma all’interno di una conchiglia. Al suo passaggio, spuntano fiori dalla terra per salutare i suoi doni apportatori di giovinezza. Uomini e animali avvertono l’impulso di lasciarsi andare all’amore, garantendo in tal modo il prosieguo della vita. Afrodite, (Venere nella mitologia romana), rappresenta la Dea dell’amore, della bellezza, sessualità e lussuria. La sua figura, però, non possiede affatto le qualità di una donna romantica e dolce. Viene infatti descritta come una creatura infedele e lussuriosa, vanitosa, irritabile e permalosa. La sua infedeltà nei confronti del marito Efesto però, sembra fosse dovuta al fatto che ella fu costretta a sposare il brutto e triste Dio del fuoco a causa di un ordine di Era. In epoca tarda il nome di Afrodite subirà un cambiamento. Più precisamente ci troveremo a dover distinguere tra Afrodite Pandemo (ovvero l’Afrodite terrena), Afrodite Urania (l’Afrodite marina, protettrice delle navigazioni e dei naviganti) e l’Afrodite Pontia (ovvero colei che ha potere su tutta la natura).
Era
Nella religione dell’antica Grecia Era è una delle divinità più importanti, dea del matrimonio, della fedeltà coniugale e del parto, Era è considerata la sovrana dell’Olimpo ed i suoi simboli sono la vacca ed il pavone. Nella religione romana la sua figura corrisponde a quella di Giunone. Presiedendo al sacro vincolo del matrimonio, essa è responsabile della sua salvaguardia; le sue ire, ogni qualvolta il legame matrimoniale non veniva rispettato, sono leggendarie forse quanto la sua relazione difficile e burrascosa con il consorte Zeus. La sua infedeltà alla Dea era nota quanto la fedeltà che essa al contrario gli dimostrava. Dal punto di vista mitologico, la regale e bella Era o Hera (Giunone per i Romani) era consorte di Zeus, il Dio supremo dell’Olimpo che regnava su tutta la terra. Il suo nome significa “Grande Signora” o “Eroina” e rappresenta la forma femminile della parola greca “eroe”. Quando descritta, veniva definita dagli “occhi bovini”, per i suoi occhi adorabili e vigili. Il pavone era un altro simbolo che le veniva affiancato, in quanto la piuma della sua coda iridescente aveva un “occhio”, altro simbolo della sua vigilanza. Si credeva che la Via Lattea fosse formata dal latte materno che irrorava dal seno di Era. Qualunque goccia che cadeva a terra diventava giglio, simbolo del potere autofecondante del corpo femminile. I simboli di Era mostrano che era una potente dea venerata molto prima di Zeus; nella mitologia greca, Era veniva solennemente riverita nei rituali come potente dea del matrimonio. Zeus aveva avuto altre consorti prima di Era, e sebbene fosse rimasto fedele a lei per 300 anni, ritornò ai suoi ex modi promiscui, facendo infuriare Era e facendola divenire estremamente gelosa delle altre donne nella sua vita. A causa della continua infedeltà, Era, invece di essere arrabbiata con Zeus, scaricava la sua ira e la sua vendetta sulle altre donne e la loro prole. Il matrimonio per Era era sacro, e questa forma di disonore la faceva estremamente arrabbiare.
Freya
Freya è la Dea nordica dell’amore, della fertilità,della bellezza. Qualche volta viene identificata anche come Dea delle battaglie e della morte. È anche la dea della fertilità e della creatività, la natura sboccia quando è presente. Inoltre, è Dea dell’aria, governa il regno dell’intelletto e porta la spada dell’illuminazione, la cui lama affilata simboleggia la sua capacità intellettuale ditagliare l’ignoranza e la confusione. La bellezza e l’amore sono il sorriso della vita e nella mitologia nordica, presero forma umana e femminile, nel mito di Freyja, Figlia di Njörđr e di una innominata moglie. Freyja era la dea dell’amore e della bellezza, Signora dell’oro e della Magia, ma era anche la dea della Guerra e della Morte. Sposata e con due figli, Gersemi e Hnoss, a lei Odino aveva affidato il Fólkvangr, il campo che accoglieva gli eroici guerrieri uccisi in battaglia. Non si può dire che Freyja, la bellissima Dea dell’amore fosse fortunata in amore. La Dea era sposata con Óđr, il dio del Sole estivo, il quale, però, subito dopo il matrimonio, fece perdere le tracce di sé. Tutti pensavano che fosse stato ucciso dagli dei per aver disobbedito a qualche loro regola, ma Freyja, pur piangendo lacrime d’oro per quella scomparsa, non si arrese . La sua storia ricorda un po’ la storia dell’egizia Iside, le cui lacrime, per la scomparsa dell’amato Osiride, fecero nascere ed alimentarono il Nilo. E come Iside, anche Freyja, indossato il mantello magico fatto di piume di falco, si mise alla ricerca del’amato.
Persefone
Persefone era la figlia adorata di Demetra, Dea del raccolto, ma si è vista costretta a divenire moglie di Plutone, colui che governava l’Ade. Innamoratosi di lei, ha rapito la fanciulla mentre costei si era chinata a raccogliere un narciso su un prato. In seguito alla disperazione della Madre Demetra e al suo errare senza sosta per ritrovarla, Persefone poté ritornare sulla terra,ma avendo mangiato il melograno rimase comunque legata a Plutone, con cui doveva condividere metà dell’anno. Da questa storia nasce il mito del susseguirsi delle stagioni: le stagioni calde corrispondono al periodo in cui Persefone ritorna dalla Madre, quelle fredde corrispondono al periodo in cui ridiscende gli inferi per stare accanto a Plutone. La dea Persefone, che i romani chiamavano Proserpina o Cora, era venerata in due modi, come fanciulla, o Kore (che significa ‘giovinetta’) e come regina degli Inferi.
Kore era una giovane dea slanciata e bellissima, associata ai simboli della fertilità: il melograno, il grano, i cereali e il narciso, il fiore che la adescò.
Come regina degli Inferi, Persefone è una donna matura, che regna sulle anime dei morti, guida i viventi agli Inferi e pretende per sé ciò che vuole. Benché Persefone non fosse una delle dodici divinità dell’Olimpo, era la figura centrale dei Misteri Eleusini, che per duemila anni prima del cristianesimo furono la più importante religione dei greci, nei quali si viveva l’esperienza del ritorno, o del rinnovarsi della vita dopo la morte, attraverso la ricomparsa annuale di Persefone dall’oltretomba.
Iside
Gli attributi di Iside sono così numerosi che veniva chiamata “La Dea dai diecimila nomi”. Per esempio possiamo annoverare: Iside, Dea dell’antico Egitto. Iside, Dea della salute.Iside, Dea dell’amore.Iside, Dea della Magia. Iside, Dea della Luna.
Probabilmente si trattava della divinità femminile più celebre e amata dell’antico Egitto.
Era la Dea del Sole e della Luna, insieme. Faceva crescere la vegetazione, governava le brezze, la luce e le fiamme. A lei erano dedicati innumerevoli templi, in cui era presente un fuoco sacro sempre acceso. Una folta schiera di sacerdoti e sacerdotesse ne officiava i riti. Era inoltre Dea dell’amore, della magia e della guarigione.
I miti delle sue origini sono eterogenei: secondo alcune versioni, lei e Osiride nacquero come esseri umani di stirpe reale, per poi essere assunti nel novero delle divinità grazie al loro buon operato.
In altri racconti, Iside era figlia della Dea del cielo e del Dio della terra (Nut e Geb).
C’è anche una versione secondo cui sarebbe figlia di Ra, Dio del Sole.
Hathor
Hathor godette di un culto estremamente sentito e popolare, soprattutto grazie agli aspetti positivi che incarnava: l’amore, la gioia, la bellezza (aveva epiteti quali Signora della casa del Giubilo e Colei Che riempie il Santuario di Gioia). Una speciale venerazione le era riservata da parte delle donne, delle quali incarnava e proteggeva i ruoli di madre, moglie e amante rappresentati dagli sfaccettati rapporti familiari che i miti le attribuivano. Hathor era la principale divinità della sessualità nell’antico Egitto, e i greci la identificarono con Afrodite non appena vennero in contatto con la religione egizia. In virtù del suo legame con l’amore, gli egizi credevano che Hathor ispirasse il desiderio sessuale tramite la musica e la danza. In un mito, Hathor danzò nuda di fronte a Ra, imbronciato, finché non riuscì a farlo ridere. Quando Ra non si trovava insieme ad Hathor, cadeva in una profonda depressione: infatti era anche dea della gioia. La musica era fondamentale nelle liturgie di Hathor e, per esprimere la loro gioia e l’euforia nell’adorazione della dea, le sacerdotesse di Hathor danzavano e suonavano. VEDI HATHOR COME DEA DELLA CREAZIONE
Astarte
Astarte è il nome greco-romano con cui viene designata la dea fenicia Ashtart (Astart). Venerata dalle popolazioni semitiche, il suo culto si diffonde in tutta l’area mediterranea grazie ai Fenici. Astarte, protettrice delle città fenicie di Tiro, Sidone, Cartagine e Biblo, è la divinità femminile per antonomasia, la Terra Madre che, unendosi con il suo sposo celeste Baal, «Signore potente», genera ogni essere vivente. Già dal II millennio i Fenici la raffigurano in statuette e bassorilievi come dea madre che, nuda, sorregge i propri seni tra le mani, oppure mentre allatta un bambino, o ancora mentre regge fiori di loto o un disco o dei serpenti. I caratteri di divinità procreatrice sono anche confermati dalla sua assimilazione con l’Iside e la Hator egizie, con l’Ishtar (Istar) babilonese, con l’Afrodite greca e la Venere latina. Per quanto la figura di Astarte Dea Madre sia strettamente legata alla generazione e quindi alla vita, forti sono le implicazioni con la morte; e con la rinascita: nella città di Biblo, Astarte è associata alla figura del dio Tammuz, lo sposo fanciullo il cui mito di morte e resurrezione è simbolo del rifiorire annuo della vegetazione. Il motivo del fanciullo che muore e risorge, e della potente divinità femminile cui egli è legato, rimanda al mito greco di origine siriaca di Adone, il giovane amato da Afrodite e dalla divinità infera Persefone, ucciso da un cinghiale e destinato da Zeus a trascorrere metà dell’anno con l’una, e metà con l’altra.
Astarte, come la potente Ishtar – regina del cielo e della terra, dea guerriera dell’amore , è anche protettrice dell’amore sessuale, di quello casto come di quello dissoluto (forse per questo motivo nel Vecchio Testamento il nome fenicio Ashtart è alterato in Astaroth, ovvero Astarotte, demone dell’impudicizia). Astarte era collegata alla fertilità , alla sessualità e alla guerra . I suoi simboli erano il leone , il cavallo , la sfinge , la colomba e una stella all’interno di un cerchio che indicava il pianeta Venere . Le rappresentazioni pittoriche la mostrano spesso nuda. È stata conosciuta come la stella del mattino e / o della sera divinizzata . La divinità assume molti nomi e forme tra le diverse culture e, secondo la mitologia cananea, è la stessa della dea assiro-babilonese Ištar , tratta dalla dea sumera Inanna , la prima e primordiale dea del pianeta Venere del terzo millennio a.C.
Ishtar
Nella mitologia sumera e poi babilonese, Ishtar, detta anche Istar (era chiamata invece Inanna dai Sumeri) era la dea dell’amore e della guerra. Aveva dunque due aspetti: uno benefico, come personificatrice dell’erotismo, dell’amore e della maternità, ed uno temibile, come dea delle tempeste, delle catastrofi e delle battaglie. Ad Ishtar era dedicata una delle otto porte della città di Babilonia, oltre che alcuni centri di culto a Ninive, Assur ed Uruk. Secondo alcuni miti, Ishtar era figlia del dio della Luna Sin, in altri era invece figlia del dio del Cielo Anu. Era sorella di Samas, dio del Sole. Invece, tutti i miti concordano sulla correlazione tra Ishtar ed il pianeta Venere; vediamo che infatti il simbolo di Ishtar era la stella ad otto punte, rappresentazione stilizzata del pianeta, ripresa anche dal Cristianesimo. La dea Ishtar è presente nell’Epopea di Gilgamesh, in cui viene presentata sì come bellissima e sensuale amante, ma anche come terribile vendicatrice. Infatti, quando la dea si innamorerà dell’eroe Gilgamesh, quest’ultimo la rifiuterà, a causa delle tristi fini che la dea aveva fatto fare ai suoi precedenti compagni. Secondo un’altra leggenda, quando Ishtar si recò nell’Ade scomparendo dalla Terra, uomini ed animali smisero di accoppiarsi: senza la dea era scomparsa ogni forma di amore ed erotismo. Appellativi ed epiteti di Ishtar riguardavano la fertilità, quindi “Donatrice di Semi”, e la bellezza, quindi “Argentea”. L’animale sacro ad Ishtar era il leone, ed infatti la dea era chiamata anche “la Leonessa”. La dea inoltre era spesso raffigurata con una lunga veste, ornata di spighe di grano, ma alcune volte anche nuda, oppure insieme al suo compagno Tammuz, un pastore, poi divinizzato, di cui si era innamorata. Durante la XVIII dinastia egiziana, il suo culto venne importato in Egitto, dal faraone Amenhotep III. In quanto dea della maternità e della fertilità, in Egitto veniva spesso ritratta nell’atto dell’allattamento. Nel culto fenicio, invece, verrà venerata col nome di Astarte. ( leggi Calendario Wicca – Festività – 17 Marzo Festa di Ishtar)
Inanna
Inanna era un’antica dea sumera, “Anunna” dell’amore, della sensualità, della fertilità, della procreazione e della guerra. Denominata successivamente “Ištar” dagli Accadi, dagli Assiri e dai Babilonesi, è identificata successivamente dagli Ittiti con “Šauška”, “Astarte” dai Fenici (un’altra traslitterazione è “Ashtart”; nella lingua ebraica biblica il suo nome è עשתרת (traslitterato Ashtoreth), in ugaritico ‘ṯtrt – anche ‘Aṯtart o ‘Athtart, traslitterato Atirat – e in accadico è As-tar-tu); ella era Afrodite per i Greci e Venere per i Romani. In tutti i racconti antichi viene associata al pianeta Venere, il qual fatto permette di associare il suo nome a quello di “Signora della Luce Risplendente“. L’iconografia della dea è associata anche alla stella a otto punte (un simbolo che si ritrova successivamente nell’iconografia cristiana correlato alla Vergine Maria). Il simbolo della stella a otto punte rievoca il fatto che il pianeta Venere ripercorre le stesse fasi in corrispondenza di un ciclo di 8 anni terrestri, cosa già ampiamente conosciuta dagli astronomi in epoca sumera. La più antica attestazione del nome di questa antica divinità è riscontrabile in alcune tavole di argilla rinvenute nell’antico complesso templare dell’Eanna (nell’antica città sumera di Uruk) e risalenti ai periodi del tardo Uruk-Gemdet Nasr, quindi intorno al 3.400-3.000 a.C., risultando tracciato con i segni più antichi come i pittogrammi, mentre quelli le indicazioni più recenti sono riportate in maniera più astratta. Inanna è considerata come una delle più importanti divinità di tutto il vasto Pantheon mesopotamico. In alcuni miti viene descritta come figlia del dio del cielo ANU, il padre degli Anunnaki, divinità suprema del vasto Pantheon mesopotamico, mentre in altri appare come figlia di Nanna/Sin, Dio della luna e della saggezza, e in altri ancora è indicata come figlia del Dio Enki.
Lakshmi – la “sposa perfetta”
Siede serena su un grande e roseo fiore di loto, simbolo di purezza e spiritualità, la “dea madre” Lakshmi, consorte di Vishnu e madre di Kama, il dio dell’amore. Dotata di carnagione dorata, dolcissima femminilità e classica bellezza, ha quattro braccia e le sue mani sono ornate di gioielli: con una offre benedizioni, un’altra invece lascia sgorgare da una coppa monete d’oro e altri simboli di prosperità e abbondanza. Le altre due, infine, sorreggono ciascuna un altro fiore di loto. Spesso accanto a lei compaiono corsi d’acqua placida o elefanti, entrambi manifestazioni di impegno costante e di realizzazione materiale e spirituale. Considerata anche dea della ricchezza, è presente in forma di immagine o statuetta in moltissime case induiste. Dolcezza, protezione e maternità sono le sue caratteristiche, e nella tradizione la donna sposata dovrebbe ispirarsi a lei, serenamente intenta a dare sostegno, così come il marito dovrebbe cercare nella moglie un’idea di Lakshmi. Ed ecco allora che nell’iconografia abbondano anche le immagini di felicità coniugale di Lakshmi e Vishnu, spesso raffigurati insieme mentre sono affiancati, legati, abbracciati, con lei appoggiata sulle ginocchia di lui oppure intenta a massaggiargli i piedi.
Parvati, l’amore devoto
La leggenda narra che la prima moglie di Shiva, Sati, diede fine alla sua vita immolandosi, spinta dalla vergogna e dall’indignazione dopo che suo padre aveva offeso il genero non invitandolo a una cerimonia, e che da allora il neo-sposo e subito vedovo Shiva, consumato dal dolore, si rifugiò nell’Himalaya per vivere da asceta, meditando e rifiutando la vita terrena. Ma la rinuncia all’amore non era destinata a durare: ecco ripresentarsi Sati reincarnata sotto forma di una nuova donna-dea, Parvati, figlia della personificazione della montagna e di una ninfa. La saggia e bella Parvati, le cui grazie estetiche non sembrano destare alcun interesse nel suo amato Shiva, capisce che deve ammaliarlo giocando nel suo stesso territorio e anche lei si rifugia da asceta nella montagna, finché l’oggetto del suo amore, conquistato da tanta spiritualità, non si decide a prenderla in moglie. Esiste anche un’altra versione della leggenda, più affine alle occidentali storie di Cupido: secondo il romanzo epico Kumurasambhavam, il dio dell’amore Kama decise di aiutare Parvati scoccando una freccia in direzione del dio che meditava, per colpire la sua attenzione. Distratto dalla meditazione, Shiva aprì il terzo occhio con cui però incenerì all’istante il povero Kama, privando così anche il mondo della forza del desiderio sessuale. Ma con l’intercessione di Parvati, nel frattempo divenuta la nuova moglie di Shiva, ecco resuscitare Kama. L’iconografia tradizionale mostra due sole braccia per la bella e gentile Parvati, con il sinistro leggiadramente sollevato e il destro che tiene in mano un fiore di loto. Detta anche “figlia della montagna”, è madre di Ganesh e Skanda e anche lei rappresenta un idea le femminile di delicatezza e benevolenza.