Calendario Wicca – Festività – 9 Giugno: Festa di Vesta
Il 09 Giugno di festeggia la Festa di Vesta, una figura mitologica che ha preso molta importanza, soprattutto a Roma dove il culto delle Vestali e del fuoco sacro è stato uno dei piu famosi.
Vesta è conosciuta anche con il nome di Hestia (per i greci).
Etimologia e storia
Vesta, figlia di Saturno e di Opi, sorella di Giove, è una figura della mitologia romana, che corrisponde alla divinità greca Estia, con la differenza che il suo culto a Roma assunse una maggiore rilevanza. Per i Romani la dea Vesta veniva celebrata nella settimana che va dal 7 giugno al 15 giugno. Il primo giorno delle celebrazioni era dedicato all’apertura annuale del tempio per i riti sacrificali. Era la dea del focolare domestico, venerata in ogni casa e il cui culto consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro: le sacerdotesse legate al suo ordine, quello delle famose vestali, avevano proprio il compito di custodire il fuoco sacro alla dea, acceso all’interno del tempio a lei dedicato, facendo sì che non si spegnesse mai.
In una delle sue raffigurazioni più tipiche la dea indossava una lunga stola e teneva in mano un bastone. Il culto del fuoco viene fatto risalire ad un’antica concezione religiosa naturalista degli Indoeuropei, della quale sarebbero un’ulteriore attestazione il dio vedico Agnis ed il culto del fuoco di Estia in Grecia.Il fuoco sacro, custodito nel tempio di Vesta, venne spento nel 391 per ordine dell’imperatore Teodosio.
Il culto di Vesta e le Vestali
Vesta è una dea romana di carattere assai arcaico.Corrisponde alla greca Hestia, prima figlia di Crono e di Rea, sorella di Zeus e di Era, vera incarnazione dell’idea di focolare. Anche Vesta presiede al fuoco del focolare domestico. Il suo culto dipende direttamente dal Pontifex Maximus, assistito dalle Vestali.
Il suo tempio è rotondo, su modello delle prime capanne del Lazio. Il carattere di arcaicità di questa dea è confermato anche dal suo animale sacro, che è l’asino, animale mediterraneo in opposizione al cavallo, che appartiene al mondo indoeuropeo.
Questi giorni sono sacri alle Vestali, le più celebri sacerdotesse di Roma antica. In questo periodo cadono anche, l’undici giugno, le feste Matralia. In questo periodo le messi sono mature e pronte per il raccolto: le Vestali offrono per questo alla dea Vesta un ringraziamento per la compiuta maturazione delle messi.
Dal 9 al 15 giugno il Penus Vestae, all’interno della casa delle sacerdotesse, rimane aperto e le matrone vi si recano a piedi nudi. Tuttavia esse non sono ammesse nel penetrale, dove si conservano le cose sacre e dove possono entrare solo i sacerdoti possono accedere solo nella zona esterna, dove si trovano il mortaio, il forno e quanto occorre per fare la mola salsa, focaccia di tritello salato e farro abbrustolito, indispensabile per i sacrifici a Vesta e ad altre divinità. La focaccia rituale dev’essere confezionata secondo un rigido cerimoniale: il farro dev’essere quello raccolto appositamente dalle None alle Idi di Maggio a giorni alterni; le Vestali ne sgranano le spighe, lo pestano e lo macinano; ne fanno quindi una schiacciata, salandola con una salamoia detta Muries, che secondo Festo è fatta con sale pestato e sciolto in acqua, poi prosciugato in forno. La mola salsa si fa anche per i Lupercalia e alle Idi di settembre (Epulum Jovis). In due calendari antichi, vicino alle date del 9 e del 15 giugno, si leggono le lettere Q. S. D. F., che Varrone e Festo spiegano così: “quando stercus delatus fas”, alludendo al rito consistente nel trasportare fuori dal tempio di Vesta lo sterco che si è accumulato nel corso dell’anno. Lo sterco viene portato in un luogo apposito sul Campidoglio, forse nei pressi del tempio di Saturno, visto che uno degli epiteti del dio è Stercolius. La cerimonia rappresenta un momento di purificazione del tempio, ma si riferisce anche evidentemente alla concimazione dei campi. Invece secondo Ovidio lo sterco viene gettato nel Tevere. In ogni caso la purificazione del tempio segna il compimento dell’opera produttiva della terra e la preparazione di una stagione nuova. Col tempo questo particolare rito sembra perdere d’importanza all’interno delle feste di Vesta.
Le Vestali, solo due all’inizio secondo Plutarco, sono sei all’epoca di Servio Tullio, e tante rimangono definitivamente. A capo del gruppo è la Vestale Massima. Il loro prestigiosissimo sacerdozio, cui possono accedere solo fanciulle di ottima famiglia, dura trent’anni, durante i quali esse hanno l’obbligo assoluto della castità. Tuttavia sono molti ed eccezionali i privilegi della vestale: essa è sottratta alla patria potestà (cosa impossibile per qualsiasi altra donna romana) e può, per esempio, fare testamento. La Vestale è sempre vestita di bianco, in testa porta una fascia (infula) e, quando sacrifica, copre la testa con un largo velo quadrato (suffibulum): la vestale così bardata è detta Armata virgo.Primo dovere delle Vestali è la conservazione del fuoco sacro, durante tutto il corso dell’anno. La cerimonia dell’accensione è in marzo. Secondo Plutarco è ammesso un sistema per questo rito: accendere catturando i raggi del sole mediante un vaso pieno d’acqua; secondo Festo, invece, bisogna confricare un legno di albero fruttifero fino a produrne fuoco, che viene poi portato nel tempio in un vaglio di bronzo.
Rituali e Culto
Nell’antica Roma, Estia fu venerata come la dea Vesta. Qui il suo fuoco sacro univa tutti i cittadini in un’unica famiglia. Veniva custodito dalle Vestali, che dovevano incarnare la verginità e l’anonimato della Dea. In un certo senso, ne erano la rappresentazione umana, sue immagini viventi, al di là di ogni raffigurazione scolpita o pittorica.
Le fanciulle scelte come vestali venivano portate al tempio in età molto giovane, per lo più quando non avevano ancora sei anni. Tutte vestite allo stesso modo, con i capelli rasati come neo iniziate, qualunque cosa le rendesse distinguibili e riconoscibili veniva eliminata. Vivevano isolate dagli altri, erano onorate e tenute a vivere come Estia: se venivano meno alla verginità le conseguenze erano atroci. I rapporti sessuali della vestale con un uomo profanavano la dea, e come punizione la vestale veniva sepolta viva in una piccola stanza sotterranea, priva di aria, con una lucerna, olio, cibo e un posto per dormire. La terra soprastante veniva poi livellata come se sotto non ci fosse niente. In tal modo la vita della vestale (personificazione della fiamma sacra di Estia) che cessava di impersonare la dea veniva spenta, gettandovi sopra la terra, come si fa per spegnere la brace ancora ardente nel focolare. A differenza delle altre divinità, Estia (Vesta) non era nota per i miti e le rappresentazioni che la riguardavano: la sua importanza stava nei rituali simbolizzati dal fuoco. Perché una casa diventasse un focolare, era necessaria la sua presenza. Quando una coppia si sposava, la madre della sposa accendeva una torcia sul proprio focolare domestico e la portava agli sposi, nella nuova casa, perché accendessero il loro primo focolare. Questo atto consacrava la nuova dimora. Dopo la nascita di un figlio, aveva luogo un secondo rituale estiano. Quando il neonato aveva cinque giorni, veniva fatto girare intorno al focolare, come simbolo della sua ammissione nella famiglia. Allo stesso modo, ogni città-stato greca, nell’ edificio principale, aveva un focolare comune dove ardeva un fuoco sacro. E in Ogni nuova comunità che veniva fondata si portava il fuoco sacro dalla città di origine per accenderlo nella nuova. Così, ogni volta che una coppia o una comunità si accingevano a fondare una nuova sede, Estia li seguiva come fuoco sacro, collegando la vecchia residenza con la nuova, forse come simbolo di continuità e di interdipendenza, di coscienza condivisa e d’identità comune.
Rituale nel fuoco del Crogiuolo
Il fuoco nel crogiolo sta a significare il fuoco di libertà che arde dentro al cuore degli uomini, di ogni singolo uomo che si è contrapposto all’orrore cristiano nel corso di tutti i secoli. C’è sempre stato qualcuno che ha tenuto accesa la fiamma anche nei momenti più bui dell’esistenza. Tutti gli Esseri Umani che si sono opposti all’orrore cristiano erano dei Prometeo che alimentavano la fiamma della conoscenza dentro loro stessi. Con questa fiamma accendevano la libertà nelle condizioni culturali che trovavano. Questo è il significato del piccolo fuoco.Ogni popolo saccheggiato, ogni eretico incarcerato o bruciato; ogni strega incarcerata o bruciata; ogni filosofo o amante della vita incarcerato o bruciato era un Prometeo. Qualche volta succedeva che le fiamme di Prometeo diventavano fiamme di molti Prometeo e allora le piccole fiamme diventavano grandi fiamme. Quando vennero spenti i fuochi di Vesta e di Perkunas le persone cessarono di guardare verso il cielo e guardarono nei sentimenti delle persone, là dove il fuoco si era nascosto. Quando, con gli Inni, le persone ricordano, allora i fuochi si riaccendono e le persone possono guardare il tempo che viene loro incontro consapevoli del tempo che è passato.
E allora si può fare festa e dividere i fuochi per il passaggio
Esecuzione rituale nel fuoco del Crogiuolo
L’officiante accende il piccolo fuoco nel crogiolo dando il via al rito.
Gli astanti: Sono collocati attorno al fuoco centrale. I lettori degli Inni: Sono collocati attorno al fuoco centrale dentro al cerchio degli astanti, vicino alla catasta di legna. L’accensione del fuoco nel Crogiolo da il via agli Inni che vengono letti in sequenza. Quando tutti hanno letto le persone in fila dietro al primo lettore degli Inni accendono un ramo e le torce nel fuoco piccolo, si predispongono attorno al fuoco grande e lo accendono contemporaneamente. Il cerchio per chiamare le forze del mondo viene fatto fintanto che le fiamme si alzano nel fuoco centrale. La chiamata viene fatta con tamburi e suoni. Quando le fiamme sono al massimo ci si allontana in quanto il rito collettivo è finito.
Inno alla dea Vesta
Vesta è come la Terra: al di sotto di entrambe v’è il fuoco perenne:
La Terra e il fuoco simboleggiano infatti la propria dimora.
Tu per Vesta non intendere altro che la viva fiamma
Vedi che dalla fiamma non è mai nato alcun corpo.
Ma è il fuoco ad animare il corpo,
Passione e volontà che dal corpo nascono;
Ma è il fuoco che riscalda
quel crogiolo di vita che la terra diviene
quando Giunone, sorella di Vesta, Natura imponente
su di essa si stende e ne fa la sua sede.
Vesta come la Terra: il mio corpo sia questa terra
Vesta è il fuoco: il mio cuore arda di questo fuoco.
Che io possa essere il mio focolare, la mia casa, il mio rifugio
Riaccendendo giorno dopo giorno
E mantenendola viva e scoppiettante
La Vesta che nel mio cuore risiede.
Il fuoco di Vesta ardeva a Roma eternamente
Adesso bruci nel mio cuore ininterrottamente,
là dove nessun Teodosio assassino
arrivi mai a spegnerlo
finché la mia volontà ne sarà la legna
e come Vesta si conservi per i sentieri della vita.
Alkemill / LilithEye