Calendario Wicca – Festività – 29 Settembre : Festa di Mercurio
Il 29 Settembre si festeggia il Dio Mercurio per i romani Hermes messaggero degli dèi. Figlio di Zeus e della Pleiade Maia, è uno dei dodici dei Olimpi. I suoi simboli erano il gallo e la tartaruga ma era chiaramente riconoscibile anche per il suo borsellino, i suoi sandali e cappello alati ed il bastone da messaggero, il kerykeion.
Nella mitologia romana il corrispondente di Hermes fu Mercurio che, sebbene fosse un dio di derivazione etrusca, possedeva molte caratteristiche simili a lui, come essere il dio dei commerci. Solitamente indossava un cappello da viaggiatore dall’ampia tesa oppure il petaso, il caratteristico cappello alato. Calzava un paio di sandali anch’essi alati, i Talari e portava il bastone da messaggero tipico della cultura orientale – o il Caduceo attorno al quale sono intrecciati due serpenti, o il “Kerykeion” , sopra al quale si trova un simbolo simile a quello a quello usato in astrologia per il segno del toro. Indossava abiti semplici, da viaggiatore, lavoratore o pastore. Spesso era rappresentato coi suoi tipici simboli, la borsa, il gallo o la tartaruga. Come “Hermes Logios”, simbolo della divina eloquenza, generalmente teneva un braccio alzato in qualità di oratore. Possedeva anche un magico mantello che lo rendeva invisibile.
Il Culto di Mercurio
Nella mitologia greca Mercurio era Hermes, figlio di Giove e della ninfa Maia, messaggero degli Dei, protettore dei viaggi e dei viaggiatori, della comunicazione, dell’inganno, dei ladri, dei truffatori, dei bugiardi, delle sostanze, della divinazione, portatore dei sogni e il conduttore delle anime dei morti negli inferi. Nell’Inno omerico a Demetra, Hermes riporta la Kore Persefone sana e salva dalla Dea sua madre. Era anche noto per ispirare i sogni ai mortali nel sonno. Hermes o Ermete fu anche Dio dei confini, dei pastori e dei mandriani, degli oratori e dei poeti, della letteratura, dell’atletica, dei pesi e delle misure, del commercio e dell’astuzia caratteristica di ladri e bugiardi.L’Inno omerico ad Hermes lo invoca come: “dalle molte risorse, gentilmente astuto, predone, guida di mandrie, apportatore di sogni, osservatore notturno, ladro ai cancelli, che fece in fretta a mostrare le sue imprese tra le Dee immortali.”. Hermes fungeva anche da interprete, messaggero degli Dei presso gli uomini, compito che divideva con la Dea Iris. Da Hermes deriva la parola ermeneutica, l’arte di interpretare i significati nascosti. Si credeva che Hermes, oltre alla siringa e alla lira, avesse inventato anche molte competizioni sportive e la pratica del pugilato: per questo era considerato il protettore degli atleti.Per gli antichi Greci in Hermes si incarnava lo spirito del passaggio e dell’attraversamento, ritenendo si manifestasse in qualsiasi scambio, trasferimento, violazione, superamento, mutamento, transito, come passaggio da un luogo, o da uno stato, all’altro, compreso il passaggio dalla vita alla morte.Templi dedicati ad Hermes erano diffusi in tutta la Grecia, ma il centro più importante era Feneo in Arcadia dove si tenevano le celebrazioni in suo onore chiamate “Hermoea”.
I Nomi di Mercurio
- Argifonte – per aver ucciso Argo.
- Arpedoforo – per aver ingannato Argo con l’arpa.
- Caducifero – portatore di Caduceo.
- Trifonio – che fa accettare i diversi costumi.
- Psicopompo – accompagnatore di anime nell’Ade.
Il Mito di Mercurio
Secondo quanto racconta l’Inno ad Hermes, suo padre era Zeus e sua madre era Maia, la più bella delle Pleiadi, figlie di Atlante, che si erano rifugiate in una grotta del monte Cillene. Nacque in una grotta sui fianchi del monte Cillene, la più alta cima del Peloponneso, per cui ebbe anche l’appellativo di Cillenio. I suoi simboli erano il gallo e la tartaruga ma era chiaramente riconoscibile anche per il suo borsellino di pelle, i suoi sandali e il cappello alato, il petaso, e il bastone da messaggero, il kerykeion. Il piccolo Hermes fu un bambino molto precoce: ancora neonato, si tolse da solo le fasce e, uscito dalla caverna, incontrò una tartaruga a cui tolse il guscio e sulla parte cava tese sette corde, fabbricando così una cetra dal suono dolcissimo e nella stessa notte sfuggì a Maia ed andò in Tessaglia a rubare il bestiame del suo fratello maggiore Apollo, custode delle mandrie degli Dei, ben cinquanta capi di bestiame.Li trascinò con astuzia per la coda, facendoli camminare a ritroso affinché le tracce degli zoccoli non lo tradissero. Poi, giunto nell’Elide, li nascose in una spelonca sotterranea molto profonda. Quindi tornò nella grotta, si rimise le fasce, fingendo di dormire nella culla. Apollo però lo scoprì ma Maia lo difese perchè aveva trascorso con lei tutta la notte. Ma Zeus disse che Hermes aveva effettivamente rubato la mandria e doveva restituirla. Mentre discuteva con Apollo, Hermes cominciò a suonare la sua lira che piacque tanto ad Apollo che, in cambio di esso, accettò che Hermes si tenesse la mandria rubata. Anzi gli regalò pure una verga magica, che un giorno Hermes lanciò tra due serpenti che si combattevano. Immediatamente divennero serpenti in amore intrecciati alla verga ed il Dio ne fece il suo caduceo.
Poiché era rapido come il vento, Zeus ne fece il messaggero degli Dei e lo incaricò di molte missioni, come liberare Ares prigioniero di Oto e di Efialte. Fu lui che portò Era, Atena e Afrodite da Paride affinché aggiudicasse il pomo alla più bella. Fu Ermes che accompagnò Priamo attraverso le linee greche quando andò da Achille per implorarne la restituzione della salma di Ettore. Per suo padre Zeus, quando la ninfa Io, una delle amanti di Zeus, era stata catturata da Hera e custodita dal gigante dai cento occhi Argo, andò a salvarla, addormentando il gigante e decapitandolo. Di fronte agli amanti Afrodite e Ares, intrappolati da Efesto, disse che non gli sarebbe dispiaciuto di trovarsi al posto di Ares pur di stare fra le braccia di Afrodite. Al che Afrodite, apprezzando il complimento, si concedette a lui concependo l’Ermafrodito. Era anche il Dio dei sogni e faceva addormentare i mortali toccandoli con la magica verga. Inoltre accompagnava le ombre dei morti nell’Erebo e perciò era chiamato Psychopompós, che in greco significa “conduttore delle anime”. Aveva anche il dono dell’eloquenza, che unita alla mancanza di scrupoli, lo fece considerare il Dio degli oratori, dei commerci, dei traffici e dei guadagni, degli imbroglioni e dei ladri.
Inno a Hermes
Canta Ermes, Musa, di Zeus e Maia,il signore di Cillene e dell’Arcadia ricca di pecore,il supremo messaggero degli dei, il figlio di Maia, dico,- la venerabile ninfa dai bei capelli -, e di Zeus,lei che i beati fuggiva, dimorandonell’antro tutto ombra; qui, il Cronidealla ninfa soleva unirsia notte profonda,- mentre il sonno abbracciava Era dalle bianche braccia -,di nascosto dagli dei e dagli uomini.Ma quando Zeus compì il suo piano,- e per lei il decimo mese era passato nel cielo -,da solo fece luce e illustre fu l’opera:ella generò un figlio astuto, ingannatore,ladro, guida di buoi, padrone dei sogni,spia notturna, custode di porte,che prestoavrebbe compiuto imprese famose fra gli immortali.
Nato all’aurora, a mezzogiorno suonava la lira,a sera rubava i buoi di Apollo arciere,il quarto del mese generato da Maia padrona.Egli, poi che schizzò fuori dalle cosce immortali della madre,non rimase a lungo nella culla,ma si alzò e andò a cercare i buoi di Apollo,oltrepassando la soglia dell’antro.Là trovò una tartaruga, gioì, e quanto!Ermes, per primo, creò una tartaruga cantante.Se la trovò sulla porta del cortile, brucava erba, e lenta muoveva.Il veloce di mente la vide, rise e disse:“Che fortuna!Salve, carissima, ti si batte quando si danza, sai?Compagna di banchetto,felice bestiolina: chi ti porta qui, bel giocattolino?Hai un guscio variopinto, tartarughina;ti prenderò, bella mia, e porterò a casa; mi servirai,e non ti disprezzerò; tu gioverai a me prima che ad altri.A casa meglio stare, fuori, pericolo.Mi terrai lontano dal tristo maleficio, da viva;se poi tu morissi, ah come canteresti!”.
Sollevatala, subito andò verso casa, in mano l’amabile gingillo.Poi, premendo con un bulino di ferro,la perforò nel molle.Come quando un razzo pensiero penetrail cuore di un uomo assai afflitto,o quando lampi emettono gli occhi,così il luminoso Ermes meditava parola e azione.Tagliò con garbo delle canne e le ficcò nel gusciodella tartaruga entrando dal dorso.Poi, l’ingegnoso, tese intorno una pelle di buee vi fissò due bracci, uniti da un ponte,e tirò sette corde sinfoniche di pecora.E quando finì, in mano il bel giocattolino, provò col plettro una per una le corde:risuonò acutissimo; e il dio cantava- dolcemente improvvisando, come i giovanidurante la festa gareggiano chiodo a chiodo – di Zeus e di Maia dalle belle scarpe,come un tempo si accoppiavano,e così illuminava la sua nobile stirpe;in subbuglio le ancelle e la splendida dimora della ninfa,e i tripodi della casa e i perenni lebèti.
E mentre cantava, già altro meditava.Depose nella culla la curva lira;e, smanioso di carne,schizzò dalla stanza profumata,per stare di vedetta,macchinando un inganno profondo,come i ladri nella notte nera.
Inno ad Ermes, IV, 1 – 67
Alkemill / LilithEye