Calendario Wicca – Festività – 25 Novembre : Giorno del Sambuco
Il 25 Novembre si festeggia il Giorno del Sambuco, pianta molto importante in ambito magico e per gli antichi celti.
Il sambuco è un bellissimo arbusto, dai fiori piccoli e bianchi che si uniscono come a formare delle micelle profumate.Questa pianta, che puo’ raggiungere anche i 10 metri di altezza
Era conosciuta nell’antichità come “il flauto magico”; si nascondono infatti fra i suoi rami tantissime leggende, una di queste lo considera il legno da cui fu’ creato il flauto magico della favola.In altre storie invece, il sambuco è consierato un albero magico, molto amato dalle streghe (bravissime erboriste del medioevo), che infatto proclamano il 25 Novembre come la festa del sambuco.
Per i Celti era un albero sacro, importante perché dedicato agli esseri dell’altro mondo; piantato per propiziarne i favori e non suscitare le ire degli spiriti. Simbolo di morte e di sventura, non se ne bruciava e neanche ci si fabbricavano culle, per evitare che fate cattive pizzicassero i ragazzi.
I druidi usavano la linfa per entrare in contatto con i Sidhe e anticamente ci si curavano le malattie della pelle.
Si diceva infatti che il Sambuco avesse proprietà magiche particolari, come quella di proteggere duranti i lunghi viaggi, ed era usanza, quando se ne incontrava un albero, inchinarsi sette volte, sette come i doni che questo ci faceva:
I sette doni del Sambuco.
- 1) la resina per le lussazioni
- 2)il decotto di radice per guarire dalla gotta
- 3)la corteccia per l’intestino
- 4) le foglie per la pelle
- 5) i frutti per le bronchiti e i mali da raffreddamento
- 6) l’infuso dei fiori come depurante
- 7) il decotto dei germogli per il mal di testa
Rituali per questo giorno
Per questo giorno non sono consigliati grandi festeggiamenti: si può semplicemente accendere una candela, e meditare su cosa abbiamo avuto dal mese appena trascorso. Chi ha la fortuna di vivere in posti dove cresce il sambuco (che si trova anche in città, lungo le strade di periferia e nei giardini pubblici) può raccogliere qualche rametto o un grappolo di bacche e porle sull’altare.
Miti e usi magici del Sambuco
Il sambuco è un albero molto amato dalle fate e dalle luminose entità che abitano il Sidhe, un magico mondo al di là del velo del visibile. In molti paesi e culture, soprattutto celtiche e nordiche, esso era considerato una delle maggiori rappresentazioni della Grande Madre perché si diceva che il suo divino potere femminile scorresse nelle dure vene legnose della pianta, e la rendesse quasi un essere animato che incuteva non poco timore. I suoi colori mostravano soprattutto la Dea nel suo triplice volto, in cui i fiorellini delicati, profumati e bianchi rappresentavano la Fanciulla Vergine, il verde dei rametti e delle foglie la Madre rigogliosa e le bacche nero violacee la Strega oscura. Ma nonostante questo, secondo le tradizioni, era l’aspetto più potente e incontrollato della Strega a prevalere nel sambuco, a tal punto che si credeva che l’albero non fosse realmente un albero, ma una strega trasformata in albero, o un qualche simile essere inquietante e pericoloso. Per questo il sambuco era associato all’oscurità, alla magia, alla divinazione, ma anche al viaggio verso le profondità della terra bruna e, in particolar modo, alla morte. Il profumo dei fiori si diceva che portasse nell’Altromondo, e dormire sotto le sue fronte poteva voler dire non svegliarsi mai più: l’anima sarebbe stata rapita dalle creature fatate e non sarebbe più tornata ad abitare il corpo, abbandonato al sonno eterno. Il sambuco era considerato, quindi, una Porta di Morte, ma anche di rigenerazione e nutrimento, dato che ogni sua parte recava aiuto all’uomo contro malesseri e malattie, e le sue bacche erano fonte di cibo per gli antichi. Nel calendario arboricolo celtico (del quale però non esiste al cuna prova d’esistenza), il sambuco è l’albero del tredicesimo mese, l’ultimo del ciclo, il cui apice corrispondeva al Solstizio d’Inverno e quindi al buio peggiore, alla sterilità e al freddo, portati dall’orrenda Megera dal volto mortifero.Lo stesso numero tredici simboleggia la fine di un ciclo, la morte, ma anche l’Iniziazione e la rigenerazione.Tutti poteri insiti nello spirito del sambuco e connessi alla sua natura oscura.
I nomi con cui veniva chiamato rispecchiano tutti l’amore e il rispetto reverenziale che si provava nei confronti di questo splendido essere vegetale.“Nostra Signora” o “Madre Sambuco”, tra i celti, e “Albero di Holle” (holun tar) tra i germani. Quest’ultimo epiteto richiamava la leggenda nordica secondo cui una magnifica fanciulla dai capelli color dell’oro abitasse l’albero di sambuco. Ella amava questo albero soprattutto se cresceva vicino a sorgenti e fiumi, cascatelle e ruscelletti, in cui poteva bagnarsi come una ninfa dei boschi.La misteriosa fanciulla non era altri che Holle (Holda/Holla), la Regina delle Fate e Dea nordica, la quale poteva apparire in queste vesti affascinanti, ma poteva anche mostrarsi nella guisa di una strega terribile, con lunghe e pericolose zanne e lineamenti alquanto selvatici. Ella, infatti, era sì la splendente e luminosa Madre, ma era anche Signora del regno sotterraneo ed infero, ed era quindi legata al potere ctonico e alla Morte. Nell’aspetto di una bizzarra donnina con lunghe e pericolose zanne, Holle appare nella dolcissima fiaba Frau Holle (Signora Holle), trascritta dai fratelli Grimm, in cui ella (chiaramente più simile ad una strega che ad una fata) rappresenta la madrina nutrice e la Maestra che aiuta le fanciulle meritevoli nel loro cammino iniziatico verso la conoscenza dei mondi sottili. Ma non solo la bellissima Regina delle Fate abitava il sambuco…Miriadi di elfi e coboldi si nascondevano al suo interno, e mentre i primi prediligevano i suoi cespugli, i secondi preferivano di gran lunga accoccolarsi nel tenero midollo dei suoi ramoscelli. Nella bella festa di Mezz’Estate, tra gli abitanti degli antichi paeselli pagani, si usava andare alla ricerca dello spirito del sambuco, danzando intorno alla pianta con coroncine fatte con i suoi fiori tra i capelli, e si può presumere che le fate stesse si divertissero a danzare insieme alle donne e agli uomini, in una splendida gioia condivisa.In Svezia si diceva addirittura che, durante questa magica festa, se ci si fosse nascosti sotto ad un sambuco, si sarebbe potuto assistere alla processione fatata del Re degli Elfi e della sua corte. Inoltre si credeva che il succo verde interno alla corteccia di questa magica pianta, se usato esternamente, avrebbe donato la Vista (o seconda vista), potere ottenibile anche soltanto cingendosi la fronte con le sue foglie e la sua corteccia.
Un’altra precauzione nei confronti del sambuco consisteva nell’evitare che i bimbi piccoli dormissero in culle fatte con il suo legno. Avrebbero, infatti, patito i dispetti delle fate, che potevano prenderli a morsetti e pizzicotti fino a far loro uscire il sangue. Con l’avvento del cristianesimo, poi, il sambuco seguì il destino della Signora che lo abitava e delle donne che lo adoravano. Se prima esse erano guaritrici e conoscitrici di erbe e cure mediche, e il sambuco era rispettato come Madre di vita e di morte, con il sopraggiungere della nuova religione le une e l’altro furono deprivati del loro potere e della loro sacralità, e la conoscenza delle erbarie fu scacciata.Il sambuco divenne un albero legato solamente alla morte in senso fisico, al dolore e alla malattia, e si iniziò ad usarlo nei riti di sepoltura. Il becchino poneva, infatti, una corona di foglie e corteccia sul capo del defunto, perché così, si diceva, sarebbe stato aiutato nel suo viaggio verso l’aldilà.In Tirolo si portava invece una croce di sambuco davanti alla bara fino al luogo di sepoltura e poi la si conficcava sulla terra, laddove il corpo era stato interrato.Molte tradizioni e leggende furono (com’è risaputo) rigirate e rivisitate dai primi cristiani che, non riuscendo ad estirparle non potevano far altro che appropriarsene, manipolandole a proprio vantaggio.Così, se prima il succo del sambuco aiutava ad acquisire la Vista dei popoli fatati, ora si diceva che spalmandolo sugli occhi (o usandolo come collirio) si sarebbero potute vedere le streghe, per scovarle ed ucciderle; se prima bruciarne il legno avrebbe offeso la Dea, ora bruciarlo avrebbe portato il Diavolo in casa.Chiare manipolazioni delle antiche leggende per sostituire i vecchi “idoli” con quelli nuovi, almeno laddove era possibile.Ma dove non era possibile gli adoratori del Cristo cercavano in tutti i modi di vietare e proibire, anche con la forza, il persistere delle antiche memorie.Così, ancora nel XIII secolo, in Francia, un monaco lamentava il perdurare, nonostante i divieti, dell’usanza secondo cui le donne portavano i loro bambini ai piedi del magico sambuco per recarvi doni e offerte, mentre le fanciulle incinte continuavano a baciarne la corteccia per ottenere un parto facile.E nonostante tutti i tentativi, ciò che si voleva eliminare continuò a vivere, giungendo fino a noi. Interessantissima, infine, è la leggenda russa legata al sambuco, secondo la quale tutte le malattie mortali si credeva fossero personificate dalle Dodici Vergini (ma a volte erano Nove). Queste giungevano dall’oceano come spiriti e salivano la montagna sacra fino a giungere dai Tre Sambuchi Anziani, dai quali ottenevano la conferma che ogni essere vivente che appartenesse alla terra era soggetto alla morte. Questa storia veniva raccontata dalle donne quando i loro villaggi erano minacciati da epidemie e malattie mortali, e mentre raccontavano tracciavano con l’aratro un profondo solco intorno al loro abitato, perché così, dicevano, sarebbe stato il più possibile protetto dalla sciagura e dagli spiriti del male. Il loro canto narrava:
“In questi calderoni bollenti
Brucia con un fuoco inestinguibile (acceso dalle Vergini)
Ogni vita sotto il cielo.
Attorno ai calderoni bollenti
Ci sono vecchi sambuchi.
I vecchi sambuchi cantano
Cantano la vita, la morte,
tutta la razza degli uomini.
I vecchi sambuchi donano
Lunga vita a tutto il mondo,
ma all’altro, la morte cattiva
i vecchi sambuchi comandano
un viaggio lungo e lontano.
I vecchi sambuchi promettono
Vita eterna
All’intera razza degli uomini.”*
…e mentre il canto si librava nel cielo, verso i Vecchi Sambuchi, gli Spiriti e gli Dei, la loro magia si compiva sulla terra.
L’essenza del sambuco è mutevole, inafferrabile.È un’essenza in cui il volto della Strega oscura e quello della Fata luminosa si uniscono in un unico essere dalla magia ambivalente, pericolosa da un lato e estremamente benevola dall’altro. La Strega che lo abita ricorda i rapaci notturni, la cui vista è in grado di penetrare il buio più nero, e l’albero stesso forniva, con la sua linfa, una magica sostanza che avrebbe mostrato la verità oltre il visibile.Il sambuco cela tra le sue venature e i solchi della sua ruvida corteccia gli Occhi Nascosti, quelli in grado di vedere oltre il velo della materia.Il suo Dono è la Visione Divina, la magia che fa scostare i veli della nebbia e fa intravedere il Mondo al di là di essi e le eteree creature che lo abitano.Ma per mostrare l’Incanto, esso mette alla prova il corpo e lo spirito di coloro che intraprendono il Cammino, anche con malattie e dolore, al di là dei quali, però, si cela la chiave della Vita e della Guarigione. È chiamato albero di Morte, ma anche Madre Sambuco, ed è proprio la Madre Colei che potrà aiutare le Anime fortunate che sceglieranno come unico scopo nella vita la Conoscenza e la Visione. Basterà accogliere ciò che il sambuco vorrà donare loro, e chiudendo gli occhi, tra i suoi fusti e le radici aggrovigliate, potrebbe apparire una piccola Porta Incantata…